Rebecca, ovunque tu sia, sappi che non ti ho ancora perdonata.

Nov 1, 2021 | Istituto di Demiurgologia | 0 commenti

Nella serata sul finire del 31 ottobre 2004, mentre mi accingevo con tristezza infinta a riscaldare nel forno una mezza porzione di erbazzone reggiano surgelato, e nell’aria risuonavano già i fragori lontani dei bambini in festa, la mia allegria interiore veniva frustrata da un improvviso squillare del cicalino che mi preannunciava qualcuno alla porta. Intuivo già qualcosa riguardo a quel qualcuno, ma decidevo comunque di rispondere cortesemente.

Stavano dunque in piedi davanti al cancello della mia casetta due figure, delle quali la prima era una bambina di non più di dieci anni, con una comprensibile espressione di vergogna nera sul volto e con addosso un vestito ispirato alla buonanima di Vlad Tepes; la seconda una signora sui 40, dinamica, estroversa, attiva, che sfoggiava un vestitino degnissimo e mi guardava con un’aria di interrogazione.

Dopo aver cortesemente dato la buonasera al duo, ed essermi posto in una condizione neutrale e ricettiva, udivo pronunciata dalla più matura delle due, probabilmente la madre, la frase: “Siamo venute per Halloween”.

Dato che la ricorrenza mi era e mi è tuttora estremamente insignificante, rimanevo silente, comunque permanendo su posizioni di civiltà ed urbanità di modi e di gesti, intendendo comunicare col linguaggio del corpo che per quanto mi riguardava la conversazione poteva ritenersi conclusa.

L’adulta delle due purtroppo non recedeva, né sceglieva di recarsi altrove a recare disturbo con la mocciosa appresso; anzi, notando il mio evidente disinteresse per il quadretto domestico, ribadiva: “Sù, Rebecca, chiedi il dolcetto al signore”. Io a quel punto mi ero già posto in grande attesa del momento in cui Rebecca avesse spiccicato verbo, momento che purtroppo Rebecca continuava a procrastinare. Allora la madre tagliò corto rivolgendosi direttamente a me: “Sù, insomma, dacci il dolcetto dai”.

Sinceramente non avevo nessun dolcetto a portata di mano. Non c’erano motivi polemici o legati alla ricorrenza, semplicemente in quel periodo i cibi dolci non mi interessavano. Avrei avuto dei salati, come ad esempio un tocco di pecorino di fossa di Sogliano sul Rubicone, che all’epoca serbavo nel frigo per i momenti d’emergenza, o lo stesso erbazzone che nel frattempo già fragrava nel forno.

In realtà, anche se avessi avuto mezza tonnellata di dolciumi dietro la porta non ne avrei concesso neanche un briciolino al duo, perché, fondamentalmente già odio Halloween per motivi vari, figurarsi se la mamma questuante e la sua figliola muta avrebbero potuto cambiarmi la visione della cosa; ma secondariamente, e soprattutto, “Sù” e “Dài” come esortazioni le vai poi a dire a quella maiala di tua sorella, qualora la dovessi esortare a prostituirsi con più vigore e con più trasporto – grazie.

Un po’ infastidito dal protrarsi della pantomima, mi scusavo brevemente con il duo, senza però perdere il sorriso dal volto e senza mai produrmi in imprecazioni che non fossero mentali. Al che la mamma, piccata:”Sù, Rebecca, fai lo scherzetto al signore”.

E Rebecca, senza manco aprire bocca, produsse dalla tasca un raudo regolamentare, accendendolo poi per sfregamento e gettandolo con nonchalance

contro il mio portone

, al quale venivano così provocati segni visibili a tutt’oggi.

Rebecca io non so che fine tu abbia fatto, ora che grosso modo dovresti avere un’età alla quale alcune tue coetanee già la danno via in cambio di favori di natura economica o di scalata sociale, ma sappi ciò che ti dico:

NON SIAMO ANCORA PARI. LA VENDETTA VA SERVITA GELIDA.

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