Non c’è giovane nato negli anni Settanta che non abbia mai provato l’ebbrezza di tenere uno di questi miti sferici tra le mani. Solitamente venduto dai tabaccai e dai negozi di giocattoli di second’ordine il pallone da calcio Super Tele rappresenta il coraggio dell’onestà ed è un meraviglioso trionfo dell’arte di arrangiarsi. Come già abbiamo fatto per il panino alla cotoletta, questo oggetto merita un tributo.
Il Super Tele nasce nella mente di un industriale del giocattolo della Valle Padana nel luglio 1972. L’idea base era quella di ottenere un oggetto in grado di resistere ad una pressione di circa 0,8 atmosfere una volta gonfiato d’aria, sfruttando la minore quantità possibile di materiale. Ciò è stato reso possibile dalle prime applicazioni pratiche di tessuti plastici basati sul nylon, grazie ai quali è stato possibile arrivare ad uno spessore di circa 1,2 mm. Figlio degli anni ’70, il Super Tele è stato inizialmente prodotto in tinta unita ma è presto passato ad un disegno stampato a pentagoni neri, il quale seguiva in maniera rozza ma efficace l’abitudine che si stava consolidando in quegli anni a produrre palloni secondo lo schema -oggi diremmo classico ma allora era una novità- degli esagoni bianchi intervallati ai pentagoni neri. E infatti i primi palloni (veri) con questo disegno apparvero ai mondiali Messico ’70.
Ma torniamo a noi. Il Super Tele si affermò e dilagò per tutti gli anni ’70 e ’80, e tuttora viene posto in commercio con lo stesso nome commerciale, presentato al pubblico in una sottile reticella come mostra l’immagine sopra. Già il nome, Super Tele, è un capolavoro: associa l’aggettivo super, derivato da superiore , che sembrerebbe connotare la migliore qualità del modello al cospetto di un’eventuale modello base al sostantivo tele che é legato ad una volontà di associare il concetto di pallone a quello di televisione o forse telecomunicazione in senso lato, per sottolinearne la modernità.
Come è facile intuire il Super Tele non è una versione migliorata di un modello Tele “normale”, anche perché per fare qualcosa di peggiore ci si sarebbe dovuti impegnare davvero a fondo. La sfera è quasi sempre stampata in modo approssimativo, con i pentagoni neri buttati a casaccio su un fondo a tinta unita che rimanda cromaticamente ad un universo di colori fastidiosi e sfacciati come solo negli anni ’70 ci si poteva permettere. Oltre che la dicitura “Super Tele” è riportata spesso la frase “Made in Italy”, che fa veramente disonore al nostro sistema industriale; anche se proprio per questo il pallone è comunque apprezzato dalle organizzazioni non governative impegnate nella lotta contro lo sfruttamento del mondo minorile nei paesi del Terzo Mondo.
In alcuni modelli tardi è stata addirittura aggiunta la scritta “rigonfiabile”. Praticamente è una presa dei fondelli, a causa del fatto che non è mai esistito a memoria d’uomo un Super Tele che si sia sgonfiato per cause naturali e non è mai esistito in natura un essere umano che abbia perso tempo a rigonfiare una cosa il cui costo era di poche lire superiore a quello dell’aria in esso intrappolata.
Il Super Tele aveva dal canto suo un costo irrisorio che lo faceva amare sia da chi non pretendeva un buon prodotto sia da chi pur potendo permettersi un pallone migliore non voleva rovinare una buona sfera in partite di scarso valore, optando su qualcosa di più entry level. E veramente il Super Tele è qualcosa di entry level, pur essendo nato in un’epoca in cui entry level era un termine insensato.
Il suo terreno naturale è sempre stato quello dei campetti di periferia in cui mandrie intere di bambini e ragazzi si sfiatavano per pomeriggi su partite di valore effettivo nullo ma di altissimo valore simbolico. Le madri preferivano i Super Tele perché eminentemente economici e perché, dall’alto della loro naturale apprensione per le gesta dei pargoli, erano sicure che una pallonata in faccia di Super Tele non avrebbe fatto male a nessuno. E avevano ragione.
Il Super Tele dominò per tempo anche tutte quelle sedi di gioco, come i marciapiedi e le spiagge, in cui la presenza di altri individui estranei al gioco rendeva inadatto il ricorso ad un pallone più duro: sulle spiagge è ormai sparito a causa del dilagare di mode tipo quella del fitness e quella del beach volley, per tacere dei racchettoni.
Ad ogni modo la sua gestibilità, il livello di palleggio, la stabilità aerodinamica erano tutte meno che zero, ed intuire una traiettoria di un Super Tele scaraventato in avanti era praticamente impossibile, e a tutt’oggi richiede l’impiego di elaboratori sofisticati che allora non erano disponibili. Nel gioco a terra si rivelava scadente ma non insostenibilmente pessimo, però tendeva a graffiarsi facilmente se sollecitato da attriti, e si bucava con nulla. Infatti poi la maggior parte dei Super Tele, menomati da questo handicap della facile perforabilità del guscio, hanno vita brevissima.
Ma non per questo noi dimentichiamo il Super Tele: amico dei bambini, dei giovani, dei cazzari che a tutt’oggi sono presi dalla voglia di tirare due calci un pomeriggio d’estate. Idolo delle mamme avare, dei nonni costretti a comprare sempre qualcosa ai nipotini, dei papà che odiano l’idea di buttare soldi in un pallone di cuoio sapendo che il figlio tanto lo perderà comuque. E’ sopravvissuto all’invenzione di materie sintetiche migliori, agli anni delle consoles di videogiochi, agli anni della consapevolezza ed ai terribili anni Novanta, alla scomparsa del senso aggregativo dei bambini d’oggi, agli anni del glamour e a quelli del minimal chic.
Ne avremo ancora per molto.
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